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Lo spreco delle intelligenze

Lo spreco delle intelligenze
Di Elisa Innocenti
HR | Co-Founder @Focus Risorse | Consulente di Carriera | Psicologa del Lavoro e Psicoterapeuta
30 Nov, 2021

L’azienda in cui lavori valorizza o spreca le intelligenze?

Recentemente mi è capitato a portata di mano il libro di Claudio Donini sulla lean manufacturing: parla di principi, strumenti e linee guida pratiche per aiutare le aziende a ridurre gli sprechi e a diventare più competitive attraverso la logica lean. Il lean thinking mi ha sempre affascinata come approccio di management perché riguarda la cultura aziendale, coinvolge l’intera organizzazione e soprattutto le persone. Non voglio fare una recensione al libro, che tra l’altro non ho ancora letto tutto, ma già dalle prime pagine mi sono trovata a riflettere su uno degli sprechi che, almeno secondo la mia esperienza, è ancora troppo trascurato: lo spreco legato alle Risorse Umane.

Perché molte persone non si sentono impiegate in modo corretto e sono insoddisfatte?

Principalmente perché:

– i meriti non vengono riconosciuti

– non sono messe nelle condizioni di sfruttare tutto il proprio potenziale

– non possono esprimere serenamente le proprie idee professionali

– ricevono pochi stimoli legati alla crescita

– la retribuzione non è adeguata

– non si sentono coinvolte nella definizione degli obiettivi

– sono gravate da un carico eccessivo di mansioni

– non hanno margini di autonomia sul modo con cui raggiungere gli obiettivi assegnati

L’elenco potrebbe continuare ancora, ma a me interessa far capire che questa insoddisfazione sul lavoro deriva da una mala gestione delle Risorse Umane, principalmente dal non saper riconoscere o valorizzare il contributo di ciascuno: l’uso dell’intelletto, la facoltà di ragionare, risolvere, innovare e addirittura creare.

Mi piace come Claudio Donini parla di questo spreco: è lo spreco delle intelligenze, <<lo spreco di gran lunga più dannoso dal momento che la risorsa umana è la più preziosa e importante per l’azienda, la sola che può, a sua volta, identificare e conseguentemente ridurre gli sprechi. Trascurare questa ricchezza, non utilizzarla o sottoimpiegarla costituisce il più grave degli sprechi>> (Donini, 2019, pp.14-15).

Io credo che sia impossibile non condividere!

La logica lean, che già da un bel po’ da tempo si è imposta come metodologia per la gestione efficace e la competitività aziendale nei mercati in continuo mutamento, dovrebbe essere ormai ben conosciuta e applicata dalla totalità dei manager: allora perché esistono ancora aziende che sprecano le intelligenze?

Mi viene difficile dare una risposta. Forse alcuni manager neanche si rendono conto di star sprecando questa ricchezza, eppure, per dare inizio alla svolta, basterebbe allargare le proprie competenze e partire dall’ascolto dei propri collaboratori.

Il libro offre diversi spunti al riguardo. Nel capitolo dedicato al miglioramento continuo si parla di come favorire un ambiente orientato all’innovazione e al cambiamento, una CULTURA aziendale che accolga e stimoli l’apporto di tutti. I metodi e le strategie, dunque, non mancano: per creare coinvolgimento, per definire gli obiettivi, per misurare le prestazioni, per costruire e gestire team efficaci, etc. Tutti dovrebbero approfondire questi concetti e contribuire allo sviluppo di una cultura aziendale favorevole al BENESSERE dei lavoratori. Decenni di ricerche, a partire dai noti studi sul campo di Elton Mayo nella prima metà del ‘900, dimostrano che questo CREA VALORE per l’azienda e per i suoi clienti.

A chi sente di star subendo lo spreco delle intelligenze suggerisco almeno di tentare di innescare un cambiamento all’interno dell’organizzazione in cui lavora, di provare a rendersi parte attiva del processo di miglioramento aziendale attraverso il miglioramento personale. La domanda da cui partire può essere: “come posso aumentare la mia soddisfazione all’interno di questa realtà?”. Spesso i margini di miglioramento ci sono. Se le cose sono sempre andate in un certo modo, se si sono create abitudini disfunzionali, non è detto che queste non possano cambiare. Occorre imparare a ragionare sulla propria specifica situazione con la logica del problem solving.

Cosa vuol dire per me essere “soddisfatto sul lavoro”? Come posso impiegare al meglio le mie abilità? Come posso aumentare i margini di autonomia sul modo di raggiungere gli obiettivi a me assegnati? Come posso esprimere le mie idee senza temere il giudizio? Eccetera.

Le persone soddisfatte hanno la tendenza naturale a dare il meglio di sé sul lavoro. Sono motivate, vivono pienamente le proprie responsabilità e sono orientate all’apprendimento continuo e alla crescita: stanno bene e di conseguenza contribuiscono a mantenere l’azienda sana.

Viceversa, se le persone non sono soddisfatte, si crea malessere, inefficienza e perdita di competitività. E ovviamente turnover, perché chi è insoddisfatto e non ha la possibilità di cambiare la sua situazione, prima o poi, deciderà di andare a cercare un’azienda che le intelligenze non le spreca ma le valorizza.  

Qui i riferimenti al libro che ha dato vita a queste mie riflessioni:

Donini, C. (2019). Lean manufacturingManuale per progettare e realizzare un’azienda snella. Franco Angeli, Milano

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